L'emigrazione marchigiana
Nel mese di dicembre le classi terze della scuola Patrizi hanno approfondito il tema dell’emigrazione, che ha caratterizzato parte della storia italiana, attraverso due importanti iniziative: l’incontro con il professor Marco Moroni e la visita al museo regionale dell’ Emigrazione Marchigiana di Recanati. Il fenomeno dell’emigrazione è sempre esistito, si è ampliato in un arco di cento anni a partire dal 1875 fino al 1975 e continua ad essere presente in tutto il mondo.
Inizialmente si partiva dal Veneto e in seguito dalle Marche per un totale di 26.000.000 di persone.
Partivano principalmente giovani coraggiosi e intraprendenti, dai 14 ai 45 anni, pronti ad affrontare le condizioni precarie del viaggio. Quest’ultimo si affrontava su transatlantici, divisi in tre classi, diverse a seconda della condizione sociale. La terza classe, quella con condizioni sanitarie peggiori, era per chi non poteva permettersi un biglietto costoso. Si poteva viaggiare in tre modi: con il biglietto prepagato da un datore di lavoro, al quale si restituivano i soldi lavorando; clandestinamente, per cui non si veniva registrati (50-70%); spontaneamente, per trovare fortuna.
Si partiva dai porti di Napoli o di Genova e il viaggio durava circa 30 giorni, ma nel frattempo se qualcuno si ammalava o moriva veniva buttato in mare. Se si superava il viaggio e la meta era New York, si sbarcava a Ellis Island, dove si veniva messi in quarantena per vedere se c’ erano malattie contagiose. Altri punti di arrivo erano il Brasile, l’Argentina e l’Australia.
Chi arrivava si recava in piccoli quartieri, dove si riunivano emigranti che arrivavano dallo stesso paese. Questi erano chiamati ‘Little Italy’. Qui lavoravano come contadini nelle terre o nelle città come manovali per un determinato lavoro. La maggior parte di loro continuò a parlare l’italiano perché non conoscevano l’ inglese e storpiavano le parole come “Brooklyn” in “Broccolino”.
Gli italiani portarono con sé le proprie tradizioni e usanze come ad esempio il cibo, infatti, in America portarono la pasta, iniziarono a produrre la mozzarella e a coltivare olivi e viti; portarono la musica ed alcuni strumenti musicali come mandolino, fisarmonica e organetto. Si fecero anche importare il sigaro toscano perché gli italiani erano dei grandi fumatori.
Infine continuavano a praticare la loro religione e costruirono chiese con i propri santi. Purtroppo gli italiani erano considerati traditori, violenti, delinquenti, assassini e mafiosi, sempre col coltello in tasca.
Celeste Manzotti, Elena Massaccesi Alessandra Provenziani, Ludovica Taffi